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20 dicembre 2011 2 20 /12 /dicembre /2011 15:57

«Credo che nessuno di noi si aspettasse miracoli da Monti. Ma le misure prese sono molto più inique e squilibrate socialmente di quello che forse qualcuno si aspettava. E’ una manovra che colpisce, per far cassa, la parte più debole del paese, quella che ha già pagato tanto in termini di riduzione di diritti sociali, di precarietà, di abbassamento del tenore di vita. Non c’è traccia di una vera imposta patrimoniale che vada a riequilibrare il dato vergognoso di un 10% della popolazione che è in possesso del 45% della ricchezza.
E’ una manovra recessiva (e questo non farà che ri-scatenare la speculazione), che mette il paese in ginocchio.
Quindi i socialisti non possono che stare in prima fila contro questa politica. Ma ci devono stare non per fare la solita lagna di sinistra che non serve a niente, ma per aiutare a dare uno sbocco positivo nel senso della costruzione di un progetto di riformismo forte socialista alla deriva attuale.
Per questo oggi è essenziale il pieno sostegno alla CGIL della compagna Camusso perché è l’unico punto di riferimento di chi vuole fare una battaglia di sinistra; ma non di una sinistra qualunque: di una sinistra incardinata in una prospettiva di socialismo democratico. Per questo motivo occorre che il malcontento non sia gestito da forze demagogiche (Lega e Di Pietro) e che SeL si mobiliti (pur con i suoi limiti organizzativi) a sostegno della Cgil.
Ma al tempo stesso occorre costruire un rapporto serio con l’ala del PD che certo non si entusiasma per Monti. Penso non solo a Fassina, ma anche a Damiano.
Stamattina un autorevole dirigente del PD mi diceva che comunque difficilmente il partito uscirà indenne da questa fase che ridisegna probabilmente la geografia politica nazionale.
Insomma il governo Monti accentua la crisi e le profonde contraddizioni del PD.
Ho sempre detto che la rottura del PD è la via maestra per ricostruire una sinistra con una chiara identità socialista democratica, con il grosso di SeL e l’area socialista dispersa.
Ma dobbiamo riconoscere che la situazione attuale è il corollario di una profonda crisi della politica che ha caratterizzato tutta la II Repubblica; non solo per colpa del centrodestra, ma anche del centrosinistra.
Alla fine degli anni 80 avevamo in Italia una sinistra al 45% (solo la somma tra PCI e PSI giungeva al 41%). Nel 1996 (vittoria dell’Ulivo) la sinistra era al 30% (-15 rispetto a dieci anni prima). Nel 2006 era al 25%. La scomparsa del Psi si è sentita eccome, insieme alla migrazione a destra di vasti settori di elettorato popolare ed operaio.
Il carattere moderato e centrista del CS di Prodi e D’Alema è in larga parte frutto di questo declino inarrestabile della sinistra politica. Si cercò di porre rimedio a questo declino con la “Cosa 2”. Ma il suo aborto paradossalmente spinse sempre di più i Ds verso quella deriva centrista che ha poi dato origine al PD.
Ma tale deriva è stata favorita dall’assenza di un progetto seriamente socialdemocratico. L’alternativa alla deriva a destra dei Ds infatti è stata rappresentata dal bertinottismo. E dalla subcultura che ha prodotto: un sinistrismo movimentista senza progetto, fondato sulla proiezione mediatica del leader (e quindi su una personalizzazione esasperata), che esiste e si riproduce solo per denunziare la magagne dei “riformisti” . Intendiamoci di questo sinistrismo è stato interprete non solo Bertinotti, ma su altri piani, i “girotondini” , i verdi di Pecoraro Scanio.
Insomma centrismo strisciante veltroniano e sinistrismo insieme hanno congiurato per liquidare ogni prospettiva di sinistra di governo.
Per cui nel 2008 abbiamo da un lato il PD a “vocazione maggioritaria” (che però si carica Di Pietro) e dall’altro il confuso sinistrismo dell’Arcobaleno. La disfatta della sinistra era inevitabile.
L’esperienza storica serve anche per non commettere gli stessi errori. Per ricostruire una sinistra di governo nel socialismo europeo (dopo mi soffermerò) si dovrà uscire dai circoli viziosi del passato recente.
Oggi il PD ha una componente moderata molto forte. In essa non ci sono solo gli ex DC , ma una parte considerevole di post-comunisti: Veltroni, Morando, Ichino, Fassino, più D’Alema ed i suoi fedelissimi (soprattutto al sud). La feudalizzazione del partito (dove governa soprattutto) ha prodotto al demo cristianizzazione di fatto di molti post-comunisti. Così come sono molti (ma già l’abbiamo visto) gli ex comunisti diventati “liberal”.
Questa area centrista del PD (insieme al III Polo) è quella più entusiasta del governo Monti, perché esso favorisce l’aggregazione di una grande forza centrale (la DC del XXI secolo) arbitro della politica.
Le difficoltà di Bersani si comprendono. Se si arrivasse ad una scissione nel PD, l’ala sinistra non prenderebbe più del 15% dei voti. Sommati a quelli di SeL si arriverebbe intorno al 20% (faccio proiezioni molto arbitrarie sia ben chiaro). Ma probabilmente oggi tanto è il peso della sinistra. Se comunque questa nuova sinistra nasce su un chiaro progetto socialdemocratico avrebbe la capacità di espanderli partendo da una base non proprio disprezzabile.
Abbandonando la fanta-politica, è comunque evidente che se la sinistra del PD (Bersani, Damiano, Fassina) non desse battaglia proprio ora, essa verrebbe risucchiata in un vortice da cui sarebbe impossibile uscire fuori.

Ma si può aiutare questa parte del PD se ci si impegna (e SeL dovrebbe farlo in prima persona) in direzione del PSE. Ho già parlato della convenzione del Pse a Bruxelles e della conferma del pieno superamento del blairismo. E del chiaro ritorno di un progetto socialdemocratico.
I problemi che abbiamo di fronte sono di natura europea e solo a livello sovranazionale possono essere affrontati e risolti alla radice. Oggi il Pse è l’unica forza della sinistra in grado di costruire una alternativa organica al neoliberismo su scala continentale. La sinistra neocomunista è archeologia; altre forze della sinistra radicale rappresentano anche pezzi importanti di  società (in alcuni paesi), ma hanno vocazione minoritaria, possono essere alleati ma è difficile prospettare una strategia comune.
In SeL ho visto pezzi importanti dare grosso significato all’adesione al Pse. Altri sono recalcitranti ed ancora pensano di poter costruire arcobaleni. Altri vogliono le elezioni subito (e magari con questa legge) perché pensano di poter  essere eletti in parlamento.
Vendola è persona saggia e sa che è più importante ricostruire la sinistra che approfittare di un vantaggio virtuale.
Ma anche lui deve sciogliere il nodo Pse nel più breve tempo possibile. Proprio per stanare e stimolare la sinistra del PD. Da questo punto di vista io ed altri compagni (per quel che può valere); socialisti iscritti a seL ci faremo promotori di un documento dei socialisti in SeL per chiedere l’adesione del partito al PSE.
E comunque la situazione attuale richiede che quel patto di unità di azione tra le associazioni dei socialisti di sinistra sia al più presto attivato.

Peppe Giudice

 

Network Per il Socialismo Europeo

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