Da: Giornalettismo
Da: Giornalettismo
Il presidente americano Barack Obama avanti di un punto sul candidato Mitt Romney su scala nazionale e di ben quattro nello Stato chiave dell'Ohio per l'ultimo sondaggio di Reuters/Ipsos. Secondo un rilevamento di Wall Street Journal/NBC Obama ha il 48% delle preferenze contro il 47% di Romney. Mentre secondo un sondaggio Rasmussen, i due candidati sono pari al 49%. Ma l'ultimo sondaggio della giornata, realizzato dal Pew Research Center, assegna a Barack Obama un vantaggio di tre punti a livello nazionale su Mitt Romney: 48% contro 45%. E' la rilevazione che oggi ha assegnato il maggior distacco tra i due candidati.
Da La Repubblica
"Quando Ricardo Lagos, socialista e già stretto collaboratore di Allende, s’insediò come presidente della Repubblica
l’11 marzo del 2000, centinaia di giornalisti si riversarono a Santiago da tutto il mondo. C’era anche un piccolo gruppo di cronisti italiani. “Esplodeva un grande entusiasmo. Lagos -racconta
un inviato che era là in quell’occasione- fece sapere che voleva incontrare i giornalisti italiani. Ci fece andare in un palazzo alla periferia di Santiago e ci disse: ‘Voglio ringraziare gli
italiani e, in particolare, i socialisti che ci hanno sostenuto durante la dittatura. Il compagno Craxi ci aiutò e ci diede i fondi per comprare questo palazzo nel quale riprendemmo l’attività
politica’”. In quegli stessi anni il Psi sostenne anche tutti gli altri partiti socialisti sotto il tallone delle dittature di destra (spagnoli, portoghesi e greci) e i dissidenti nell’Unione
sovietica e nei paesi dell’est europeo dominati dai regimi comunisti".
(Leo Sansone, settembre 2009)
http://www.partitosocialista.it/site/artId__4754/307/206-CILE__UNDICI_SETTEMBRE_1973__.aspx
Addio a Keynes, nel silenzio assordante dei media
«Mentre negli Stati Uniti alcuni premi
nobel per l’economia hanno scritto un appello (*) contro l’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione, in Italia mercoledì 28 marzo il Senato voterà per l’ultima volta il DDL 3047 -B, una modifica della Costituzione Italiana che prevede per l’appunto l’inserimento del
vincolo del pareggio di bilancio in Costituzione. Sui media non c’è traccia di questa importantissima notizia, si preferisce parlare dell’eventuale modifica dell’art.18 dello Statuto dei
Lavoratori, ignorando completamente il provvedimento che più di tutti inciderà sul futuro dell’Italia.
I crociati anti-liberismo del Pd hanno perso la parola – anzi hanno votato compatti per la modifica -, eppure non c’è nulla di più liberista del pareggio di bilancio in Costituzione. Solo l’assemblea congressuale dei GD ha approvato all’unanimitá un Odg contro il vincolo di pareggio di bilancio in costituzione, come ci informa Michele Grimaldi.
Giustamente scrive Emilio Prinzo: “L’idea – apparentemente ragionevole ad un analisi superficiale- di porre un vincolo a salvaguardia dei conti è in realtà un’ esiziale pastoia all’intervento regolatore dello Stato nell’economia: una ferita mortale allo Stato sociale, alla prima parte della Costituzione che rischia di rimanere così inapplicata e a tutti i sacrosanti principi keynesiani di intervento delle istituzioni pubbliche a sostegno dell’economia in periodi di recessione”.
(*) Appello dei Premi Nobel contro il pareggio di bilancio in Costituzione
Cari presidente Obama, presidente Boehner, capogruppo della minoranza Pelosi, capogruppo della maggioranza Reid, capogruppo della minoranza al Senato McConnell,
noi sottoscritti economisti sollecitiamo che venga respinta qualunque proposta volta ad emendare la Costituzione degli Stati Uniti inserendo un vincolo in materia di pareggio del bilancio. Vero è che il Paese è alle prese con gravi problemi sul fronte dei conti pubblici, problemi che vanno affrontati con misure che comincino a dispiegare i loro effetti una volta che l’economia sia forte abbastanza da poterle assorbire, ma inserire nella Costituzione il vincolo di pareggio del bilancio rappresenterebbe una scelta politica estremamente improvvida. Aggiungere ulteriori restrizioni, cosa che avverrebbe nel caso fosse approvato un emendamento sul pareggio del bilancio, quale un tetto rigido della spesa pubblica, non farebbe che peggiorare le cose.
1. Un emendamento sul pareggio di bilancio avrebbe effetti perversi in caso di recessione. Nei momenti di difficoltà economica diminuisce il gettito fiscale e aumentano alcune spese tra cui i sussidi di disoccupazione. Questi ammortizzatori sociali fanno aumentare il deficit, ma limitano la contrazione del reddito disponibile e del potere di acquisto. Chiudere ogni anno il bilancio in pareggio aggraverebbe le eventuali recessioni.
2. A differenza delle costituzioni di molti stati che consentono di ricorrere al credito per finanziare la spesa in conto capitale, il bilancio federale non prevede alcuna differenza tra investimenti e spesa corrente. Le aziende private e le famiglie ricorrono continuamente al credito per finanziare le loro spese. Un emendamento che introducesse il vincolo del pareggio di bilancio impedirebbe al governo federale di ricorrere al credito per finanziare il costo delle infrastrutture, dell’istruzione, della ricerca e sviluppo, della tutela dell’ambiente e di altri investimenti vitali per il futuro benessere della nazione.
3. Un emendamento che introducesse il vincolo del pareggio di bilancio incoraggerebbe il Congresso ad approvare provvedimenti privi di copertura finanziaria delegando gli stati, gli enti locali e le aziende private trovare le risorse finanziarie al posto del governo federale. Inoltre favorirebbe dubbie manovre finanziarie (quali la vendita di terreni demaniali e di altri beni pubblici contabilizzando i ricavi come introiti destinati alla riduzione del deficit) e altri espedienti contabili. Le controversie derivanti dall’interpretazione del concetto di pareggio di bilancio finirebbero probabilmente dinanzi ai tribunali con il risultato di affidare alla magistratura il compito di decidere la politica economica. E altrettanto si verificherebbe in caso di controversie riguardanti il modo in cui rimettere in equilibrio un bilancio dissestato nei casi in cui il Congresso non disponesse dei voti necessari per approvare tagli dolorosi.
4. Quasi sempre le proposte di introduzione per via costituzionale del vincolo di pareggio di bilancio prevedono delle scappatoie, ma in tempo di pace sono necessarie in entrambi i rami del Congresso maggioranze molto ampie per approvare un bilancio non in ordine o per innalzare il tetto del debito. Sono disposizioni che tendono a paralizzare l’attività dell’esecutivo.
5. Un tetto di spesa, previsto da alcune delle proposte di emendamento, limiterebbe ulteriormente la capacita’ del Congresso di contrastare eventuali recessioni vuoi con gli ammortizzatori gia’ previsti vuoi con apposite modifiche della politica in materia di bilancio. Anche nei periodi di espansione dell’economia, un tetto rigido di spesa potrebbe danneggiare la crescita economica perche’ gli incrementi degli investimenti ad elevata remunerazione – anche quelli interamente finanziati dall’aumento del gettito – sarebbero ritenuti incostituzionali se non controbilanciati da riduzioni della spesa di pari importo. Un tetto vincolante di spesa comporterebbe la necessita’, in caso di spese di emergenza (per esempio in caso di disastri naturali), di tagliare altri capitoli del bilancio mettendo in pericolo il finanziamento dei programmi non di emergenza.
6. Per pareggiare il bilancio non è necessario un emendamento costituzionale. Il bilancio non solo si chiuse in pareggio, ma fece registrare un avanzo e una riduzione del debito per quattro anni consecutivi dopo l’approvazione da parte del Congresso negli anni ’90 di alcuni provvedimenti che riducevano la crescita della spesa pubblica e incrementavano le entrate. Lo si fece con l’attuale Costituzione e senza modificarla e lo si può fare ancora. Nessun altro Paese importante ostacola la propria economia con il vincolo di pareggio di bilancio. Non c’è alcuna necessità di mettere al Paese una camicia di forza economica. Lasciamo che presidente e Congresso adottino le politiche monetarie, economiche e di bilancio idonee a far fronte ai bisogni e alle priorità, così come saggiamente previsto dai nostri padri costituenti.
7. Nell’attuale fase dell’economia è pericoloso tentare di riportare il bilancio in pareggio troppo rapidamente. I grossi tagli di spesa e/o gli incrementi della pressione fiscale necessari per raggiungere questo scopo, danneggerebbero una ripresa già di per sé debole.
Firmato:
Fonte: La Corrente