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8 marzo 2013 5 08 /03 /marzo /2013 16:50

Clara Eissner Zetkin
 

L’8 Marzo, come il Primo Maggio, è una festa socialista. Infatti, fu la Conferenza internazionale delle donne socialiste , convocata a Copenaghen il 29 agosto 1910, che decise di istituire, su proposta della socialdemocratica tedesca Klara Zetkini, la «Giornata internazionale della donna» e ne fissò la data all’8 Marzo di ogni anno. Scopo dell’iniziativa era quello di ottenere per le donne parità di trattamento rispetto agli uomini. In particolare, le socialiste chiedevano l’estensione del diritto di voto.

La precedette in questo la russa Anna Kuliscioff che volle estendere il suffragio universale anche alle donne sin dal 1894.

Clara Eissner, socialista e tra le primissime femministe, nacque a Widerau, in Sassonia, il 5 luglio 1857.

A partire dal 1874, quando era ancora studentessa, entrò in rapporti con il Movimento operaio tedesco. Nel 1878, aderì al Sozialistsche Arbeitpartei, il Partito socialista dei lavoratori, nato, con il Congresso di Gotha, dalla fusione dell’Allgemeiner Deutscher Arbeitvereign, Associazione generale degli operai tedeschi, fondata nel 1862 da Ferdinand Vassalle, e il Sozialdemokratische Arbeitpartei Deutschlands, Partito socialdemocratico degli operai tedeschi, fondato nel 1869 da August Bebel e Wilhelm Liebknecht. Nel 1890, il Partito prenderà il nome che conserva anche oggi: Sozialdemokratische Partei Deutschlands, Partito socialdemocratico tedesco.
In seguito alle leggi antisocialiste, promulgate nel 1878 dal Cancelliere Otto von Bismarck, Clara si trasferì a Zurigo e poi, nel 1882, a Parigi. Qui adottò il cognome del suo compagno, il russo Ossip Zetkin, il quale morì nel 1889. Successivamente, Clara si sposò con l’artista Geog Friedrich Zundel.
Sono questi gli anni di rifondazione dell’Internazionale socialista, la cosiddetta «Seconda Internazionale», nella quale Clara Zetkin svolse un ruolo importante.
A fine secolo, nello storico dibattito intorno alle tesi di Eduard Bernstein, il cosiddetto «Dibattito sul Revisionismo», Clara si schierò a fianco di Karl Katski e Rosa Luxemburg.
Impegnata nella battaglia per l’emancipazione della donna, scrisse La questione femminile e la lotta al revisionismo, anticipò le rivendicazioni che oggi vanno sotto il nome di «pari opportunità», si battè per il suffragio universale di entrambi i sessi e, dal 1891 al 1917, diresse il quotidiano femminista del Partito Die Gleicheit, Uguaglianza.
Nel 1907, assunse la direzione dell’Ufficio per le politiche femminili dell’Spd, da dove diede impulso alla Giornata Internazionale della Donna, l’8 Marzo.
 
Sulla scelta dell’ 8 Marzo come ricorrenza, le opinioni, però, divergono. La tradizione socialista afferma che la scelta fu fatta per richiamare il grande sciopero dell’8 Marzo del 1848,
quando le lavoratrici dell’industria dell’abbigliamento di New York
proclamarono uno sciopero cui parteciparono trentamila donne: la più
gigantesca manifestazione femminile che si fosse mai avuta negli Stati Uniti. Le scioperanti reclamavano il rispetto dei loro diritti politici e sociali: diritto al voto, riduzione dell’orario di lavoro, dalle 12 alle 8 ore, il riposo settimanale, un regolare contratto e una retribuzione rispondenti agli accordi sindacali.
Oggi, tuttavia, si è affermata la versione delle operaie bruciate nel rogo della loro fabbrica. Questa leggenda ha origin i recenti. Il 7 Marzo 1952, il settimanale bolognese La Lotta, scrive che la data della Giornata della Donna vuol ricordare l’incendio scoppiato in una fabbrica tessile di New York l’8 Marzo del 1929, in cui sarebbero morte, chiuse dentro dall’interno per volere del padrone, perché minacciavano di scioperare, 129 giovani operaie per gran parte di origine italiana ed ebraica.
Il tema dell’incendio e delle operaie arse vive nel rogo del loro posto di
lavoro venne ripreso con alcune varianti. Nel 1978, il Secolo XIX di
Genova riporta l’episodio come avvenuto a Chicago in una filanda. Nel 1980, La Repubblica parla di un incendio a Boston, datato 1898. Nel 1981, Stampa Sera situa l’incendio ai primi del ‘900, in un luogo imprecisato degli Stati Uniti, le operaie vittime sarebbero state 146. Lo stesso anno, L’Avvenire parla di 19 operaie morte. Nel 1982, Noi Donne parla di Boston, l’anno sarebbe il 1908 e le operaie morte 19. Una
nuova descrizione della tragedia l’ha fornita di recente il sito della Città di Bari. Secondo questa versione, la festa sarebbe nata dall’incendio, scoppiato il pomeriggio del 25 Marzo 1911, negli ultimi tre piani dell’Asch Building, un edificio di dieci piani a Manhattan. Quando il rogo fu domato si sarebbero contate 146 vittime. New York sarebbe rimasta sconvolta da quella tragedia. Al funerale, 120 mila lavoratori avrebbero accompagnato il funerale fino al cimitero di Evergreen, dove le sfortunate vennero sepolte, e non meno di 400 mila persone assistettero al corteo. Il processo per stabilire le responsabilità dei proprietari della Triangle, iniziato il 4 Dicembre del 1911, si sarebbe concluso appena qualche giorno dopo con una sentenza di assoluzione. Oltre a ciò la proprietà dell’azienda ricevette dalle compagnie di assicurazione un cospicuo risarcimento. Per alcuni, l’incendio risalirebbe, invece, a un 8 Marzo di fine ottocento, in una fabbrica tessile d’Inghilterra. Per un’altra interpretazione, la data sarebbe da ricercare nell’inverno del 1917. Così L’Ordine Nuovo, quotidiano gramsciano di Torino, del 17 Marzo 1921: «Al
grido di pace e pane, le operaie di Pietrogrado con la bandiera rossa
sono scese nelle strade l’8 Marzo [24 Febbraio per il calendario russo] per festeggiare la giornata internazionale del proletariato femminile. Fu questo il grande segnale della
rivoluzione che distrusse l’autocrazia...»
È probabile che tutte queste versioni siano frutto della fantasia. Infatti, sia nel libro della canadese Renée Còté, Verità storica della misteriosa origine dell’8 Marzo, che il quello di Tilde Capomazza e Marisa Ombra, 8 marzo, storie, miti e riti della Giornata Internazionale della Donna, nessun incendio risulta mai accaduto. Tuttavia, anche se quell’incendio non ci fu, lasciamo pure correre la versione per il suo simbolismo.
 
Durante la Prima guerra mondiale, Clara Zetkin fu con Karl Liebknecht, Rosa Luxemburg tra i più attivi critici della cosiddetta «Burgfrieden», la politica di collaborazione adottata dalla Socialdemocrazia nel periodo bellico.
Tra le varie iniziative antimilitariste, Clara organizzò, nel 1915, la Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste contro la Guerra. A causa di questa manifestazione, fu imprigionata.
Nel 1916, fu tra coloro che abbandonarono l’Spd e diedero vita al Partito socialdemocratico tedesco indipendente, Uspd.
Nel 1919, fu tra i fondatori del Partito comunista tedesco, Kpd, del quale fu deputata dal 1920 al 1933. Dal 1921 al 1933, fu membro del Comitato esecutivo dell’Internazionale comunista, il Komintern, e, dal 1925, presidente della Rote Hilfe, il Soccorso rosso.
All’avvento del Nazismo, fuggì in Unione Sovietica, dove morì nel 1933 ad Achangelskoe, vicino a Mosca. È sepolta sotto le mura del Cremino. 
Tratto da
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17 gennaio 2013 4 17 /01 /gennaio /2013 08:43
Elezioni politiche 2013, la legge elettorale e tutti i seggi a Camera e Senato

Decisivo il Senato: ecco i seggi in palio in Lombardia, Sicilia e Lazio


PorcellumComeFatto

Le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2013 si terranno in base alla vituperata legge elettorale del Porcellum, passata agli archivi come la legge 270/2005. Quella in arrivo sarà, dunque, la terza occasione in cui saranno vigenti i principi enunciati nella contestata, ma mai modificata, Legge Calderoli, dal titolo “Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”.

La normativa elettorale del Porcellum ha reintrodotto in Italia il sistema proporzionale, cancellando di fatto i collegi uninominali, esistenti con l’assetto antecedente, in prevalenza maggioritario.

Alla base del sistema elettorale, il principio delle liste bloccate, che ha escluso dalle procedure di espressione del voto la possibilità di indicare la preferenza per uno o più candidati, i quali rimangono, in questo modo, appannaggio delle segreterie di partito, o delle primarie interne, laddove si sia scelto di realizzarle.

Si tratta, in realtà, di un proporzionale “impuro”, nel senso che introduce il principio dei seggi ai singoli partiti, favorendo, però, il raggruppamento di questi ultimi in coalizioni. Per questa ragione, le liste alleate devono presentare un comune capo della coalizione, il cui nome, spesso appare su uno dei simboli presenti sulla scheda.

Inoltre, sono presenti, nell’impianto della legge 270, alcune percentuali minime per la distribuzione dei seggi in Parlamento, denominate soglie di sbarramento, che differiscono a seconda del ramo parlamentare, della coalizione nella sua interezza, del partito coalizzato o, in alternativa, della lista in corsa solitaria.

A questo proposito, per guadagnare almeno un seggio alla Camera dei deputati è necessario che, su scala nazionale, ciascuna lista superi il 4% se da sola, il 2% se collegata ad altre in una coalizione in grado di raccogliere non meno del 10% dei consensi totali.

Al Senato, invece, la soglia è raddoppiata: il minimo dei voti da ottenere è pari all’8%, con le coalizioni che devono superare il 20%, mentre i partiti che le compongono possono accontentarsi del 3%.

Come noto, infatti, la Camera viene sottoposta a una ripartizione dei seggi su base nazionale, mentre il Senato, che risente dello spirito “federalista”del periodo in cui è stato varato il Porcellum, vede ripartiti i propri scranni sui voti ottenuti da partiti e coalizioni nelle singole regioni.

A questo proposito, a palazzo Madama, i seggi verranno ripartiti in modo tale per cui, chi otterrà la maggioranza in ogni regione, farà scattare il premio di maggioranza regionale, corrispondente a non meno del 55% dei seggi che essa attribuisce, con l’eslcusione del Molise (2 seggi) e dei posti riservati agli eletti all’estero (6, di cui 2 in Europa, 2 in America del Sud, 1 in America del Nord, 1 per Africa, Asia e Oceania).

La quota minima del 55%, si nota, assegnerà quantomeno 3 seggi su 22 in Piemonte, 27 su 49 in Lombardia, 14 su 24 in Veneto, 4 su 7 in Friuli-Venezia Giulia, 5 su 8 in Liguria, 13 su 22 in Emilia-Romagna, 10 su 18 in Toscana, 4 su 7 in Umbria, 5 su 8 nelle Marche, 16 su 28 nel Lazio, 4 su 7 in Abruzzo, 16 su 29 in Campania, 11 su 20 in Puglia, 4 su 7 in Basilicata, 6 su 10 in Calabria, 14 su 25 in Sicilia, 5 su 8 in Sardegna.

Discorso a parte per Val d’Aosta (1 seggio) e Trentino-Alto Adige (6 seggi su 7 uninominali), sottoposte alla tutela delle minoranze linguistiche di ispirazione al testo costituzionale.

Alla Camera, invece, l’occupazione dei seggi avverrà esclusivamente in base ai risultati nazionali, con 340 seggi su 618 (55%) che saranno assegnati d’ufficio alla coalizione che raccoglierà il maggior numero di consensi, grazie al premio di maggioranza nazionale, con esclusione, anche qui, dei voti espressi all’estero (12 di cui 6 in Europa, 3 in America del Sud, 2 in America del nord, 1 in Asia, Africa, Oceania) e di quelli della Val d’Aosta (1 seggio).

Vai al testo in vigore della legge 270/2005

 

Tratto da:

http://www.leggioggi.it/2013/01/16/elezioni-politiche-2013-legge-elettorale-seggi-alla-camera-e-al-senato-porcellum/

 

 
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28 febbraio 2012 2 28 /02 /febbraio /2012 19:55

 

Considerazioni sulle decisioni del Ministro Profumo da parte di un precario storico

 

Antonio D'Angelico - Più il tempo passa e più mi rendo conto che se la scuola si è ridotta così è colpa del succedersi nel tempo di Ministri della Pubblica Istruzione che probabilmente hanno poca conoscenza dei reali problemi della scuola e della reale situazione in cui versa il personale docente ed in particolare quello precario.

Se a questo aggiungiamo la considerazione che anche e soprattutto i massimi Dirigenti del Ministero, i quali, contrariamente ai Ministri che vanno e vengono, sono lì da una vita e non riescono ad indirizzare le attenzioni ministeriali sui problemi e a proporre soluzioni concrete agli atavici problemi della scuola in generale e del personale in particolare, beh! allora scusate chi o cosa potrà mai salvarci?

Analizziamo i fatti:

si propone, con 250.000 precari nelle Graduatorie ad esaurimento, un nuovo concorso a cattedra, perchè bisogna dare spazio ai giovani. Premesso che ho 2 figli giovani universitari e quindi capite bene quanta
preoccupazione susciti in me il problema dell'occupazione giovanile, ma....... il Signor Ministro si è posto il problema che forse mentre un giovane può avere, oltre la scuola, altre opportunità di lavoro perche ha l'età, il tempo ed il mondo a suo favore, mentre per un genitore docente precario di 40/50 e più anni, la perdita del lavoro significa non avere altre possibilità, in quanto si è troppo giovani per il pensionamento e troppo vecchi per cercarsi un'altra opportunità di lavoro? Sinceramente non credo che il Ministro si sia posto questo problema che oserei definire...... esistenziale. Invito il Signor Ministro, a scorrere a campione delle Graduatorie ad esaurimento e a leggere non i nomi e cognomi delle persone, bensì le date di nascita, forse solo così capirebbe ciò che dico e quale potrebbe essere una decisione saggia e ponderata.

Poi sinceramente viene da sorridere quanto si legge:

a) la storia dei corsi TFA (partono non partono bohhhhh!); se penso, a tale proposito, a noi precari e a quanti TFA ci siamo fatti tutti gli anni nelle classi senza che nessuno lo dica o se ne accorga o lo si valorizzi in alcuna maniera (immaginate che incontro ex alunni/e che nel frattempo sono diventati/e colleghi/e madri e padri; ma credo, purtroppo che anche a tanti di voi sia accaduto la stessa cosa, tanto ormai è la normalità !!! Semplicemente pazzesco !!!!

b) dei 23.000 abilitati dal 2008 ad oggi (ma,scusate,... le graduatorie non erano state bloccate per non far creare altro precariarto?) che devono essere inseriti a pettine e che invece verrano inseriti UDITE UDITE!!! in una CODA (e ritornano le code!!!! con tutta la nuova ed ulteroire massa di ricorsi e controricorsi che si andranno a sommare a quelli già esistenti e che vedono sistematicamente il Ministero perdere alla grande );

c) il problema dei docenti di ruolo sovrannumerari che non sapendo che cosa fargli fare li riconvertono con un....... corsettino farsa sul sostegno. Potrei continuare ancora, ma penso che già queste quattro cose evidenziate possano abbondantemente bastare e farci capire, onorevoli colleghi (oh!! se si chiamano così tra di loro i nostri governanti, caspita! della gente davvero perbene come noi lo possiamo ancor di più, giusto?) nelle mani di chi siamo stati e nelle mani di chi stiamo ancora tutt'ora.

Dopo che negli ultimi anni hanno e stanno prendendo per i fondelli migliaia di persone, dopo che hanno depredato la Scuola di 8 miliardi di euro, dopo che hanno tagliato decine e decine di migliaia di posti di lavoro, dopo che hanno bloccato i rinnovi contrattuali, gli scatti stipendiali, sospesi i rinnovi delle rappresentanze sindacali, allungati gli anni occorrenti per i pensionamenti (così è certo che non si creano posti di lavoro per i prossimi anni) ecc,ecc, Signori.....questo di cui vi ho parlato,...... sono le soluzione proposte!!!!! Cosa aggiungere? Secondo me stiamo parlando del sesso degli Angeli! e forse sarebbe meglio se andassero tutti a casa!

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9 gennaio 2012 1 09 /01 /gennaio /2012 19:21

Di Norberto Fragiacomo

 

Londra. I paraCity ruggiscono, e il (ricco) attendente Cameron traduce il messaggio a beneficio dei continentali: la Tobin tax sulle transazioni finanziarie non s’ha da fare, né dopodomani né mai.
Neoisolazionismo britannico? Di nuovo, in realtà, c’è poco o nulla: negli ultimi trent’anni – a partire cioè dall’avvento di Margaret Thatcher, la terminator dei sindacati inglesi – il Regno Unito non ha fatto altro che sabotare il progetto iniziale di un’Europa politica, ergendosi a paladino delle istanze dei finanzieri globali. Con pieno successo, tra parentesi: non è un caso che la legislazione europea – iperliberista, ossessionata dalla concorrenza e con un approccio definito dagli esperti “sostanzialistico” (cioè mirante al sodo) – sia di matrice squisitamente britannica, o, per meglio dire, anglosassone. A ben vedere, si tratta di una situazione paradossale: è come se la disposizione dei vani, il colore e persino l’arredamento di una casa in costruzione fossero decisi non da chi ci andrà ad abitare, bensì dal vicino – un vicino influente, e dalle idee oltremodo chiare, che però non scuce neppure una sterlina.


Che cos’è, oggi, la Gran Bretagna ? Anzitutto, un’isola che ha mantenuto la sovranità monetaria, rifiutando l’elegante camicia di forza dell’euro; poi, un Paese “finanziarizzato”, senza più industrie o quasi, ed interamente in mano al capitale privato. Strano destino per la patria della Rivoluzione industriale – un destino scelto negli anni ’80 dalla Lady di Ferro, e condiviso con gli Stati Uniti d’America, dei quali l’UK costituisce, di fatto, il cinquantunesimo stato. Nell’affannosa corsa alle “liberalizzazioni”, la Gran Bretagna rappresenta la stella cometa, e un punto di arrivo: come risulta da un interessante servizio de la Repubblica di domenica 8 gennaio, oltremanica si è liberalizzato tutto, dalla sanità all’acqua, dai servizi pubblici all’offerta scolastica. Privato è bello? Mica tanto: come scriveva una dozzina di anni fa Tony Judt, le ferrovie (private) inglesi sono le più care e tra le peggiori d’Europa. Tuttavia, per i liberisti doc, la certezza, frutto di secolare esperienza, che solo lo Stato è in grado di gestire efficacemente determinati servizi suona come un’eresia. Bestemmiare Dio è consentito, ma la Libera Concorrenza non si tocca!
Invero, più che agli utenti (dei quali ci si preoccupa soltanto a parole), la “concorrenza” giova ai… concorrenti, specie quando si associano in cartelli, ed ai Paesi più ossequiosi nei loro confronti. Questo, in parte, spiega come mai la Gran Bretagna soffra meno di altri Stati europei per la crisi economico-finanziaria in atto. La “virtuosità”, infatti, non c’entra niente, e i dati lo provano: nel 2009, il Regno Unito ha avuto un rapporto negativo deficit/PIL dell’11,5% (solo Irlanda e Grecia sono andate peggio; a titolo di raffronto, l’Italia berlusconiana ha fatto segnare un modesto 5,3%, la Germania il 3,3 ); mentre il debito pubblico, certo più contenuto del nostro, è cresciuto dal 44,5 del 2007 al 77 del 2010 ed all’81,30% del 2011 (+82,7% in quattro anni, grazie al foraggiamento delle banche!). Per quanto riguarda le “passività contingenti” – vale a dire le garanzie ed emissioni a favore delle banche che non sono contabilizzate nel debito pubblico, ma che potrebbero farne parte in futuro –, esse hanno raggiunto, per l’isola felice, il 24,7% del PIL (dati Eurostat 2010), contro il 2,8% della Germania e lo… zero dell’Italia!
Considerando che il debito privato degli italiani è assai ridotto rispetto alla media europea, si può fondatamente dubitare che l’Italia sia la pecora nera (anzi: il maiale) d’Europa – ma i mercati la pensano diversamente, aggrediscono da mesi la penisola e lasciano in pace la Gran Bretagna.
Il nostro spread vola nella stratosfera, quello inglese razzola al suolo - forse perché, a Londra, il compitino liberista l’hanno già svolto, riletto e consegnato, privatizzando tutto, cancellando welfare e diritti; mentre da noi è ancora vietato licenziare per capriccio.
Con l’aiuto del british waiter, il capitale anglosassone vuole papparsi l’Europa: dopo il tzatziki greco e gli stuzzichini portoghesi, aspetta impaziente che gli portino un piattone di pasta. Non si alzerà da tavola prima di aver divorato würstel e formaggi francesi: a quel punto, soddisfatto ma non sazio, si metterà in cerca di un nuovo ristorante oppure, in mancanza, di una più modesta tavola calda.
Il capitalismo vive per mangiare – se possibile, a spese altrui.

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7 dicembre 2011 3 07 /12 /dicembre /2011 12:10

Tratto da: http://legadeisocialistilivorno.it

 

Una ferma opposizione alla manovra, ma su un progetto socialdemocratico

Credo che nessuno di noi si aspettasse miracoli da Monti. Ma le misure prese sono molto più inique e squilibrate socialmente di quello che forse qualcuno si aspettava. E’ una manovra che colpisce, per far cassa, la parte più debole del paese, quella che ha già pagato tanto in termini di riduzione di diritti sociali, di precarietà, di abbassamento del tenore di vita. Non c’è traccia di una vera imposta patrimoniale che vada a riequilibrare il dato vergognoso di un 10% della popolazione che è in possesso del 45% della ricchezza.

E’ una manovra recessiva (e questo non farà che ri-scatenare la speculazione), che mette il paese in ginocchio.

Quindi i socialisti non possono che stare in prima fila contro questa politica. Ma ci devono stare non per fare la solita lagna di sinistra che non serve a niente, ma per aiutare a dare uno sbocco positivo nel senso della costruzione di un progetto di riformismo forte socialista alla deriva attuale.

Per questo oggi è essenziale il pieno sostegno alla CGIL della compagna Camusso perché è l’unico punto di riferimento di chi vuole fare una battaglia di sinistra; ma non di una sinistra qualunque: di una sinistra incardinata in una prospettiva di socialismo democratico. Per questo motivo occorre che il malcontento non sia gestito da forze demagogiche (Lega e Di Pietro) e che SeL si mobiliti (pur con i suoi limiti organizzativi) a sostegno della Cgil.

Ma al tempo stesso occorre costruire un rapporto serio con l’ala del PD che certo non si entusiasma per Monti. Penso non solo a Fassina, ma anche a Damiano.

Stamattina un autorevole dirigente del PD mi diceva che comunque difficilmente il partito uscirà indenne da questa fase che ridisegna probabilmente la geografia politica nazionale.

Insomma il governo Monti accentua la crisi e le profonde contraddizioni del PD.

Ho sempre detto che la rottura del PD è la via maestra per ricostruire una sinistra con una chiara identità socialista democratica, con il grosso di SeL e l’area socialista dispersa.

Ma dobbiamo riconoscere che la situazione attuale è il corollario di una profonda crisi della politica che ha caratterizzato tutta la II Repubblica; non solo per colpa del centrodestra, ma anche del centrosinistra.

Alla fine degli anni 80 avevamo in Italia una sinistra al 45% (solo la somma tra PCI e PSI giungeva al 41%). Nel 1996 (vittoria dell’Ulivo) la sinistra era al 30% (-15 rispetto a dieci anni prima). Nel 2006 era al 25%. La scomparsa del Psi si è sentita eccome, insieme alla migrazione a destra di vasti settori di elettorato popolare ed operaio.

Il carattere moderato e centrista del CS di Prodi e D’Alema è in larga parte frutto di questo declino inarrestabile della sinistra politica. Si cercò di porre rimedio a questo declino con la “Cosa 2”. Ma il suo aborto paradossalmente spinse sempre di più i Ds verso quella deriva centrista che ha poi dato origine al PD.

Ma tale deriva è stata favorita dall’assenza di un progetto seriamente socialdemocratico. L’alternativa alla deriva a destra dei Ds infatti è stata rappresentata dal bertinottismo. E dalla subcultura che ha prodotto: un sinistrismo movimentista senza progetto, fondato sulla proiezione mediatica del leader (e quindi su una personalizzazione esasperata), che esiste e si riproduce solo per denunziare la magagne dei “riformisti” . Intendiamoci di questo sinistrismo è stato interprete non solo Bertinotti, ma su altri piani, i “girotondini” , i verdi di Pecoraro Scanio.

Insomma centrismo strisciante veltroniano e sinistrismo insieme hanno congiurato per liquidare ogni prospettiva di sinistra di governo.

Per cui nel 2008 abbiamo da un lato il PD a “vocazione maggioritaria” (che però si carica Di Pietro) e dall’altro il confuso sinistrismo dell’Arcobaleno. La disfatta della sinistra era inevitabile.

L’esperienza storica serve anche per non commettere gli stessi errori. Per ricostruire una sinistra di governo nel socialismo europeo (dopo mi soffermerò) si dovrà uscire dai circoli viziosi del passato recente.

Oggi il PD ha una componente moderata molto forte. In essa non ci sono solo gli ex DC , ma una parte considerevole di post-comunisti: Veltroni, Morando, Ichino, Fassino, più D’Alema ed i suoi fedelissimi (soprattutto al sud). La feudalizzazione del partito (dove governa soprattutto) ha prodotto al demo cristianizzazione di fatto di molti post-comunisti. Così come sono molti (ma già l’abbiamo visto) gli ex comunisti diventati “liberal”.

Questa area centrista del PD (insieme al III Polo) è quella più entusiasta del governo Monti, perché esso favorisce l’aggregazione di una grande forza centrale (la DC del XXI secolo) arbitro della politica.

Le difficoltà di Bersani si comprendono. Se si arrivasse ad una scissione nel PD, l’ala sinistra non prenderebbe più del 15% dei voti. Sommati a quelli di SeL si arriverebbe intorno al 20% (faccio proiezioni molto arbitrarie sia ben chiaro). Ma probabilmente oggi tanto è il peso della sinistra. Se comunque questa nuova sinistra nasce su un chiaro progetto socialdemocratico avrebbe la capacità di espanderli partendo da una base non proprio disprezzabile.

Abbandonando la fanta-politica, è comunque evidente che se la sinistra del PD (Bersani, Damiano, Fassina) non desse battaglia proprio ora, essa verrebbe risucchiata in un vortice da cui sarebbe impossibile uscire fuori.

Ma si può aiutare questa parte del PD se ci si impegna (e SeL dovrebbe farlo in prima persona) in direzione del PSE. Ho già parlato della convenzione del Pse a Bruxelles e della conferma del pieno superamento del blairismo. E del chiaro ritorno di un progetto socialdemocratico.

I problemi che abbiamo di fronte sono di natura europea e solo a livello sovranazionale possono essere affrontati e risolti alla radice. Oggi il Pse è l’unica forza della sinistra in grado di costruire una alternativa organica al neoliberismo su scala continentale. La sinistra neocomunista è archeologia; altre forze della sinistra radicale rappresentano anche pezzi importanti di  società (in alcuni paesi), ma hanno vocazione minoritaria, possono essere alleati ma è difficile prospettare una strategia comune.

In SeL ho visto pezzi importanti dare grosso significato all’adesione al Pse. Altri sono recalcitranti ed ancora pensano di poter costruire arcobaleni. Altri vogliono le elezioni subito (e magari con questa legge) perché pensano di poter  essere eletti in parlamento.

Vendola è persona saggia e sa che è più importante ricostruire la sinistra che approfittare di un vantaggio virtuale.

Ma anche lui deve sciogliere il nodo Pse nel più breve tempo possibile. Proprio per stanare e stimolare la sinistra del PD. Da questo punto di vista io ed altri compagni (per quel che può valere); socialisti iscritti a seL ci faremo promotori di un documento dei socialisti in SeL per chiedere l’adesione del partito al PSE.

E comunque la situazione attuale richiede che quel patto di unità di azione tra le associazioni dei socialisti di sinistra sia al più presto attivato.

 

 

 

PEPPE GIUDICE

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6 dicembre 2011 2 06 /12 /dicembre /2011 14:22

scritto da Gianluca Capra e tratto dal sito: http://www.mocapress.org

 

lusanna2.jpg

 

 

La stretta stradina che s’arrampica lungo i clivi delle Alpi Apuane sembra non finire mai. I bordi aperti, come balconi dal quale s’intravede la bella Versilia, sono un trionfo di verde. Castagni, faggi, querce a perdita d’occhio sembrano essere lì a difesa di una memoria che dopo tanti anni è intatta. Sant’Anna di Stazzema è uno sputo di case nascoste in una natura meravigliosa. Qui la furia omicida nazi-fascista il 12 agosto 1944 consumò uno dei più atroci crimini commessi ai danni delle popolazioni civili nel secondo dopoguerra in Italia. Cinquecentosessanta tra donne, anziani e bambini furono trucidati senza pietà. Arrivati all’interno del paesino una bandiera tricolore immersa tra gerani in fiore sporge orgogliosamente da una finestra. Il suo sventolio è il più bel benvenuto che ci si possa aspettare a ricordo che anche in posti come questi l’Italia è divenuta nazione. Ad ogni passo mosso lungo la stradina in pietra che sale all’Ossario sembra che la memoria ti sussurri un “aspettami” come un grido stroncato in gola. Poi l’Ossario, il monumento in marmo bianco e l’elenco interminabile dei nomi di chi fu falciato dalla follia di un giorno. Mentre, in un tempo immobile che si conta in attimi, dall’insieme dell’elenco distillo con gli occhi i nomi, una lacrima tradisce la mia emozione. Dentro di me realizzo che vi sono luoghi dell’anima, santuari laici, in cui la storia, la vita ha impresso più forte la propria impronta. Sant’Anna di Stazzema è uno di essi. Qui ogni cosa traspira una certezza: che non vi saranno giorni accondiscendenti all’oblio del tempo e il ricordo non cadrà come stella cadente nell’universo dell’umanità. Lontano dal clamore istituzionale ringrazio chi mi ha permesso di celebrare il mio piccolo pellegrinaggio di uomo. Il mio arrivederci è una carezza ad una lapide commemorativa su cui leggo: “PIAZZA ANNA PARDINI LA PIU’ PICCOLA DEI TANTI BAMBINI CHE IL 12 AGOSTO LA GUERRA HA STRAPPATO AL GIROTONDO DEL MONDO: 23.07.1944 – 12.08.1944”.

 

Gianluca Capra

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30 novembre 2011 3 30 /11 /novembre /2011 16:54

Dopo 2 anni di vita in gabbia, 70 beagle da laboratorio escono su un prato.

 

 

Da il Corriere della Sera

 

Sosteniamo www.beaglefreedomproject.org

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26 novembre 2011 6 26 /11 /novembre /2011 13:31

PSE.jpg

 

Tratto dal sito legadeisocialistidilivorno.ii

Europa Un mare di rosso - bandiere, cartelli, magliette, distintivi - nella enorme sala affollata del modernissimo centro congressi di Bruxelles. Persone provenienti da tutta Europa, da Malta all'Islanda, dalla Grecia alla Norvegia, dalla Spagna alla Lituania, che ascoltavano e applaudivano con un entusiasmo e anche un'emozione che tradiva l'eccezionalità di questa convention del Partito socialista europeo



In sé niente di eccezionale in questa convention del Partito socialista europeo, eccetto per due fattori. Uno personale: il presidente del partito da dieci anni, Poul Nyrup Rasmussen ha annunciato che intende dimettersi, soprattutto per gravi motivi di salute. A lui, già primo ministro socialdemocratico di Danimarca, il pubblico ha tributato una lunga standing ovation, riconoscendogli il merito di avere creato e portato avanti dal nulla questo strano partito transnazionale basato a Bruxelles, che in precedenza non ha mai scaldato il cuore di nessuno e che dai vari partiti della sinistra nei diversi paesi è stato visto più come una idea astratta riflesso del fatto che nel Parlamento europeo esiste un gruppo unico dei socialisti (e democratici, da quando ne fa parte il Partito democratico italiano) che come un vero partito capace di incidere realmente sui problemi del continente. Contro gli scettici Rasmussen è invece riuscito negli anni a costruire, in opposizione all'idea burocratica di Europa -- l'Europa dei tecnocrati - un partito che riflettesse un'altra idea di Europa -- l'Europa dei lavoratori, che in tutti i paesi sono uniti dagli stessi ideali di giustizia sociale, e di uguaglianza dei diritti, e dalla stessa voglia di contrastare lo strapotere dei padroni i bisogni e i diritti delle classi lavoratrici.

Se il linguaggio vi sembra datato, è però quello che senza alcun imbarazzo è stato usato qui, in questa sala all'estremo nord del continente, dove domina il colore rosso e dove si usa ancora la parola "compagno", dove si dà per scontato che i sindacati sostengano i partiti socialisti o socialdemocratici quando sono all'opposizione così come quando sono al governo, dove il senso di una missione comune della sinistra, in contrapposizione alla destra, non viene bollato come ideologismo di vecchio stampo, ma considerato una ovvietà della vita politica. Cui certo occorre dare concretezza con proposte specifiche, ma che costituisce già uno spartiacque: da una parte "loro", da questa parte "noi", con valori, obbiettivi, classi sociali di riferimento e interessi da difendere diversi.

Il secondo motivo che giustifica l'eccezionalità di questa convention, rispetto ad altre in tono decisamente minore che l'hanno preceduta, è dato dal momento storico: la crisi che sta spazzando l'Europa, che fa cadere governi e ne fa nascere altri, che toglie posti di lavoro, che comprime i salari e i dirtti e che minaccia quel poco o tanto di welfare che c'è nei diversi paesi. Una crisi che pretende anche di dettare le regole per uscirne, che le impone come se fossero leggi scolpite nella pietra: per salvarsi è necessario il rigore fiscale, la riduzione di tutto, del deficit, del debito, dei consumi, dell'occupazione, delle tutele, dei servizi.

Bisogna riconoscere che nei primi tre anni della crisi, che doveva essere breve e invece non si capisce ancora quando finirà, la sinistra europea è stata sotto scacco, come tramortita di fronte alla vulgata dominante ispirata al falso buon senso: non puoi spendere ciò che non hai; falso e anche ipocritica perché nel mentre che predicava rigore da una parte elargiva bonus milionari dall'altra, nel mentre che obbligava a ridurre i servizi sociali regalava profitti agli speculatori. Ma negli ultimi mesi un moto di ripulsa ha incominciato a diffondersi in quella stessa sinistra europea fino a poco tempo fa acquiescente a tutto, non tanto o solo per le ingiustizie che i lavoratori sono costretti a subire, quanto per l'attacco alla identità della sinistra, per la pretesa di imporre una cultura unica dominante, oggettiva e assoluta, rispetto alla quale chi la persa diversamente o è un illuso o è un demagogo.
Per questo Poul Rasmussen ha scaldato i cuori dei suoi giovani e meno giovani ascoltatori: sapere che non si è soli nel pensare che le ricette della destra di fronte alla crisi sono sbagliate; e che sono sbagliate non solo perché hanno fallito e continuano a fallire, ma soprattutto perché non sono accettabili, perché contrastano con quell'elementare senso di giustizia sociale che è alla base, in tutti i tempi e luoghi, dell'idea di sinistra.

C' è ancora da dire che questa "convention" non si riduce a pochi interventi delle personalità di maggiore spicco del socialismo europeo, a richiami all'identità storica e ad appelli all'unità delle forze progressiste. Ci sono stati momenti di questo tipo, ma anche molto di più: a fianco delle riunioni plenarie decine di tavole rotonde e gruppi di lavoro dedicati ai temi concreti che è necessario approfondire per trasformare l'ideale strategico in proposta politica; momenti anche di confronto e di contrasto tra le diverse linee di azione perseguite dai singoli partiti e organizzazioni dei lavoratori. Così si è parlato di globalizzazione, di compatibilità economiche e finanziarie, di tassazione delle transazioni finanziarie, di riforma (ma non di riduzione) del welfare; ma anche di democrazia, di movimenti, degli "indignati", d'Europa e d'America, di come rivolgersi alle nuove generazioni (senza tuttavia perdere la propria identità storica), di ruolo delle donne, di immigrazione, di tutela delle minoranze, di ambiente: tutti temi cruciali in questo momento storico sui quali la sinistra nei singoli paesi e tra i paesi si è divisa negli anni passati e ancora in parte lo è. Bastava mettere a fianco le proposte della ministra ombra per il welfare del Regno Unito con quelle della segretaria del partito socialista svedese per vedere quanta strada ancora c'è da fare per arrivare ad una visione unitaria e, conseguentemente, ad una azione comune.
Su tutto però la consapevolezza che contro un avversario - il capitalismo finanziario e la destra politica che lo rappresenta - che agisce con una visione del mondo comune e a livello planetario, c'è bisogno di una risposta altrettanto coesa capace di esercitare un contrasto altrettanto globale. Per questo motivo - ha concluso Rasmussen -- la strada verso il partito del socialismo europeo non è più una opzione e tanto meno un'idea astratta, ma è diventata una necessità.

 

Stefano Rizzo,   25 novembre 2011

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